domenica 5 gennaio 2014

Valanghe - metamorfosi e nozioni tecniche

Alcuni dati
-Una valanga in pieno sviluppo può raggiungere una massa di un milione di tonnellate e una forza d'impatto di 145 tonnellate al metro quadrato, 48 volte la forza sufficiente per abbattere uno chalet.
-La velocità aerea di una valanga di neve farinosa può raggiungere i 360 km/h, ossia due volte la velocità record mai raggiunta da uno sciatore.
-La valanga spontanea più micidiale si staccò in Perù nel 1970. La città di Yungay fu rasa al suolo e vi furono circa 24.000 vittime.
-Nel 218 a.C., le Alpi innevate uccisero la metà dei 38.000 soldati di Annibale Barca.
 
Per la sopravvivenza e la sicurezza in montagna sono utili nozioni elementari sulla formazione e l'evoluzione della neve, sia che si tratti di sci o di escursionismo, nozioni che servono comunque per un miglior adattamento agli ambienti innevati in generale.
Che si tratti di piantare la tenda nelle nebbie invernali del Grande Nord canadese o sotto il blizzard della banchisa, che si sia costretti ad attraversare un ponte di neve su un crepaccio, o seguire una linea di cresta su una piattaforma esposta al vento, dovremmo sempre soppesare un rischio legato allo stesso elemento: la neve.
La neve fitta che cade dalle nuvole a 30 cm al secondo e che pesa solo 30 kg al m³, fino al ghiaccio che schiaccia i rilievi con i suoi 917 kg al m³, l'elemento di base è esattamente lo stesso, un elemento cioè che ha subito una metamorfosi integrale.
In funzione del tempo, della meteorologia locale, dal contenuto in acqua sempre più grande, si passa dai magnifici cristalli di neve fresca agli impressionanti seracchi di ghiaccio azzurrino.
Questa trasformazione è provocata da due tipi principali di metamorfosi che sono spesso intricati nel tempo: la “metamorfosi distruttiva” e la “metamorfosi costruttiva”.
Circolano molti pregiudizi riguardo a queste due metamorfosi, incoraggiate da spiegazioni libresche raramente semplici, ma una volta compreso il loro meccanismo, tutto il resto è solo concatenazione logica e basterà solo un po' di buonsenso per comprendere fino in fondo il fenomeno delle valanghe.
 
La metamorfosi distruttiva
Essa inizia, fin dalle prime ore, sulla neve caduta di fresco. Il termine distruttivo non ha nulla a che vedere con un aumento del pericolo di valanga, ma riguarda la distruzione delle sottili arborescenze della neve fresca a vantaggio di quelle più grosse. Grazie alle differenze di pressione del vapore acqueo, si verifica un'evaporazione alle punte dei cristalli e depositi nelle cavità dei fiocchi. Tutto si evolve verso una semplificazione della struttura, passando dalla stella fresca, spesso molto ramificata, a un aggregato farinoso in cui non si distingue più che una forma stellare approssimativa, e poi una forma finale grossolanamente sferica, detta granulosa.
«La natura ha orrore del vuoto», e questo passaggio da una forma sofisticata a una forma arrotondata partecipa all'assestamento progressivo della neve.
Questa metamorfosi è un fenomeno irreversibile, e la neve divenuta granulosa non ritornerà più farinosa. Si confonde spesso la neve fresca e quella farinosa, mentre quest'ultima è una neve già parzialmente trasformata.
Questa metamorfosi dura alcuni giorni, e avviene tanto più rapidamente quanto più la temperatura si avvicina allo 0°C. Non ha tuttavia niente a che vedere con la fusione. È un fenomeno piuttosto benefico perché provoca l'assestamento del manto nevoso.
 
La metamorfosi costruttiva
È dovuta al gradiente di temperatura tra la superficie nevosa, la cui media nelle 24 ore è molto bassa (spesso -15°C) e lo strato profondo a contatto del suolo (-1°C per esempio).
Se lo strato del mantello è di 70 cm, il gradiente sarà, in questo esempio, di 0,20°C per centimetro. Più il gradiente è elevato, più questa metamorfosi è rapida. I granuli vicino al suolo si sublimano (la sublimazione è il passaggio diretto dallo stato solido allo stato di vapore) e il vapore acqueo così prodotto risale verso gli strati superficiali ancora aerei, e molto più freddi. Questo vapore va dunque a condensarsi attorno ai granuli freddi superiori, dando loro una forma caratteristica di piccole piramidi o di bussolotti rovesciati. Vi è dunque trasporto di ghiaccio verso l'alto e di conseguenza indebolimento della densità degli strati inferiori e quindi l'insieme diventa fragile.
La formazione di questi bussolotti è all'origine del termine di metamorfosi costruttiva, una qualifica ancora ingannatrice, poiché questi bussolotti non hanno alcuna coesione e sono pronti a rotolare come biglie, formando quella che si chiama la neve fluida.
È dunque un fenomeno molto pericoloso.
Questa evoluzione non si verifica se tutto viene ricoperto da una nuova caduta: il nuovo strato di neve fresca abbassa, infatti, il gradiente di temperatura in seno allo strato precedente e lo comprime sotto il proprio peso, rendendo la neve meno porosa e impedendo ogni circolazione verticale del vapore.
Dal punto di vista della metamorfosi costruttiva, ogni strato è dunque protetto da quello che lo ricopre, se questo cade al momento giusto.
Se cade invece quando la metamorfosi costruttiva ha avuto il tempo di verificarsi, va a ricoprire un vero tappeto di biglie, che offre un insieme molto instabile. È così che si giustifica il pericolo, grandissimo, di valanghe durante gli inverni tardivi, quando spessi strati di neve cadono su un primo strato unico caduto un mese prima e completamente trasformato in una specie di gigantesco nastro trasportatore.
Esistono ancora due tipi di metamorfosi da prendere in considerazione: la metamorfosi di compressione e la metamorfosi di fusione.
 
La metamorfosi di compressione
La neve si sovrappone agli altri due strati: sotto il peso degli strati successivi, i cristalli si saldano, consolidando l'insieme (salvo se sono posati su una base di neve fluida!), esattamente come fanno in un secchiello i cubetti di ghiaccio, che hanno la tendenza a saldarsi e a comprimersi. Questa metamorfosi consolida il manto nevoso.
 
La metamorfosi di fusione
Durante un'insolazione prolungata con una temperatura superiore a 0°C, c'è un meccanismo inverso a quello della metamorfosi costruttiva; la neve di superficie si scioglie, e l'acqua scorre nel mantello, andando a congelarsi intorno ai grani più profondi rimasti a temperatura negativa. Questa volta vi è trasporto di ghiaccio verso il basso. La base diventa sempre più compatta. È così che si forma la neve di primavera e (in un secondo tempo) il nevato che si conserverà da un anno all'altro a grandi altezze.

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