mercoledì 15 novembre 2017

Giovanni De Simoni e la Rezia Curiense

ARTICOLO A CURA DI PIERO CARLESI
Piero Carlesi, consigliere del GISM e già Vicepresidente, naturalista, è giornalista del Touring Club Italiano, scrittore e curatore di libri di montagna. Già direttore generale del CAI e amico di De Simoni,  è profondo conoscitore della cultura alpina e appassionato di toponomastica.

Giovanni De Simoni, valtellinese di origine, milanese da sempre, classe 1913, fu un ottimo alpinista degli anni Trenta, salitore di numerose prime assolute e compagno di cordata soprattutto del mitico e indimenticato Agostino Parravicini. Teatro delle nuove ascensioni fu soprattutto un breve tratto dell’Arco alpino compreso tra il Passo dello Spluga e il Passo del Bernina. Le Retiche più vere e più vicine al cuore degli alpinisti lombardi, i monti di Val Masino e di Val Malenco.
E una località in particolare fu nel cuore di De Simoni, la romantica Chiareggio, l’ultimo paesello malenco prima del Passo del Muretto, ai piedi della Cima di Vazzeda.

Qui, con base i rifugi Tartaglione-Crispo e Del Grande-Camerini, entrambi della Sezione di Milano del CAI e sede, il Tartaglione, del corso estivo della Scuola di alpinismo, si esplica l'attività alpinistica di De Simoni, che è in compagnia dei vari Sicola, Negri, Parravicini, Tagliabue, Rovelli e Garobbio.  Il 17 Agosto 1933 risale per la prima volta con Parravicini e Tagliabue la parete nord-est  della Cima meridionale di Chiareggio;  poi è la volta della Cima di Vazzeda: la parete nord-nord ovest, di IV e V è vinta il 23 Luglio 1935 sempre da De Simoni, insieme a Cazzaniga, Citterio e Parravicini.  Un mese dopo l'amico Parravicini  cadde in un tentativo di ascensione dello spigolo sud-est  del Monte di Zocca. E non a caso la Scuola di alpinismo della Sezione di Milano del CAI, dopo la tragica scomparsa di Agostino Parravicini, assunse, per iniziativa di De Simoni, il nome del grande alpinista.

A metà degli anni Trenta, oltre ai già citati amici della Scuola di alpinismo di Milano, la val Malenco e la vicina val Masino sono frequentate dai più forti alpinisti del tempo, tra cui Vitale Bramani, l'inventore delle suole Vibram, ed Ettore Castiglioni.

De Simoni fu amico di Castiglioni, tanto che quest'ultimo fu  vicino all’amico nel momento della disgrazia occorsa a Parravicini, come ha ricordato Lino Pogliaghi sull’Annuario GISM 1929-1989.
Non a caso nel 1956 fu proprio De Simoni il promotore, per conto del GISM, della posa della targa ricordo di Ettore Castiglioni murata a Chiareggio, paese in cui, nel 1944, pochi giorni prima della fine fatale, Castiglioni incontrò gli amici della scuola del CAI Milano, tra cui Carletto Negri e lo stesso Giovanni De Simoni.

In quegli anni, per la verità, De Simoni (il Barba, come era soprannominato) non arrampicava soltanto. Era studente universitario, animatore della Sezione Alpinismo del GUF (il Gruppo Universitario Fascista). Quindi fu da sempre, oltre che alpinista, uomo di cultura appassionato, compilatore di guide alpinistiche e soprattutto studioso di toponomastica, scienza che coltivò fino ai suoi ultimi giorni di vita. E anche qui le Alpi Retiche, o meglio tutta la Rezia Curiense, furono il terreno ideale dei suoi studi.

Ma per inquadrare la figura di studioso di De Simoni occorre partire proprio dai ruggenti Anni Trenta, in piena era fascista. Gli Anni Venti, con l’annessione del Trentino e dell’Alto Adige allo Stato italiano e la conseguente italianizzazione dei toponimi effettuata da Ettore Tolomei hanno sicuramente influito nella formazione politico-culturale di De Simoni, che con gli antenati valtellinesi si sentiva uomo delle Alpi e di confine. La terra grigione, appartenente a un altro Stato sovrano, la Svizzera, era a ridosso di Tirano e la valle di lingua italiana di Poschiavo era già oltre il confine, in Svizzera.

La storia contrastata della Valtellina degli ultimi secoli con l’avvicendarsi di padroni e di Stati diversi sensibilizza in modo particolare De Simoni che acquisisce sempre più interesse per le lingue alpine e per la toponomastica, con l’obiettivo finale di salvaguardare, valorizzare ed eventualmente ripristinare le parlate romanze.
Il contesto storico-politico che privilegiava il nazionalismo e la nascita di una grande Patria con l’annessione delle terre cosiddette irredente fu terreno ideale perché molti giovani di allora potessero fantasticare, sognando di allargare i confini nazionali. D’altra parte con il Trentino e l’Alto Adige ciò era avvenuto nel 1918; chi poteva escludere che potesse ancora succedere anche se questa volta le fette di territorio italiano (o comunque di radici romanze) da riprendere appartenevano ad altre nazioni? Alla Svizzera per il Vallese, il Canton Ticino e i Grigioni, e alla Francia, per Nizza, la Savoia e la Corsica...

In questo contesto culturale si muoveva De Simoni da studente, tanto che fece pure delle spedizioni alpinistiche nell’ambito del GUF Milano, ma anche con fini culturali e linguistici nei Carpazi nel 1938 e in Corsica nel 1939.
Furono comunque le montagne lombarde, o per lo meno quelle della Lombardia storica, l’oggetto principale di quegli studi iniziali, grazie anche alla conoscenza e conseguente amicizia che fece, proprio negli anni dell’università, con Aurelio Garobbio, giornalista, classe 1905, ticinese di Mendrisio trapiantato a Milano, convinto irredentista e assertore dell’unificazione del Canton Ticino, dei Grigioni e del Vallese allo Stato italiano, spostando il confine di Stato molto più a nord, lungo la cosiddetta Catena Mediana.
Le sue prime pubblicazioni riguardarono il gruppo del Masino (1935), la toponomastica lombarda e ladina nelle Alpi Retiche (1937) e la Val Calanca (1939).
La testimonianza scritta più significativa di quegli anni sono le guide alpinistiche della collana Itinera Montium realizzate dalle Edizione Montes per conto del GUF Milano, sezione alpinismo. Giovanni De Simoni si occupò soprattutto dei territori della Rezia Curiense e scrisse le guide La Val Tuoi (Monti della Silvretta), Monti del Chesio (in Engadina), gli Itinerari sciistici dell’alta Engadina e fu ispiratore e collaboratore, insieme a Garobbio,  di molte altre firmate da amici con cui condivideva gli stessi ideali.
Inoltre, nel 1938, con la medesima veste grafica, ma non più sotto gli auspici del GUF Milano, ma delle edizioni Montes di Torino (il cui presidente era l’avvocato Adolfo Balliano, fondatore del GISM) pubblica gli Itinerari alpinistici dalla Valle Spluga.

Spulciando fra le righe di queste diverse pubblicazioni si  può notare con evidenza il recupero, più che l’italianizzazione, di molti nomi di luogo di origine medievale delle valli dei Grigioni, di cui si era persa traccia, soppiantati dai nomi tedeschi. Attualmente, infatti, solo Coira, il capoluogo dei Grigioni ha un esonimo italiano ancora in uso in Italia; gli altri sono tutti scomparsi. De Simoni volle recuperarli e riprese a chiamare, tanto per fare qualche esempio: San Maurizio d’Engadina/ Sankt Moritz, Ardesio/Ardez, Cernezzo/Zernez, Tosanna/Thusis, San Pietro/Hinterrhein, Maloggia/ Maloja, Stossavia/Safiental, Tavate/Davos, Jante/Ilanz ecc.

E di pari passo con lo studio della toponomastica crebbe anche l’interesse per le parlate alpine e in particolare per le parlate romanze, soprattutto per il gruppo delle parlate ladine con tutte le varianti del romancio, tanto che strinse proficui contatti con le associazioni culturali di salvaguardia delle piccole comunità alpine. Lavoro fondamentale di quegli anni fu anche la Partizione delle Alpi secondo catene e gruppi montuosi, studiata insieme a Giovanni Bertoglio e pubblicata nel 1940, poi rieditata e rivista negli anni Settanta.

Nel dopoguerra De Simoni continuò a occuparsi di lingue alpine e di toponimi con ancor più interesse e passione, grazie anche all'esperienza acquisita negli anni. Sul fronte della toponomastica fu tra i primi a convincersi che occorreva fare al più presto qualcosa per la registrazione dei microtoponimi, pena la loro estinzione. In effetti a partire dagli anni Sessanta, con il boom economico iniziò un inarrestabile abbandono della montagna da parte di coloro che vi vivevano in modo tradizionale, e che utilizzavano nella pratica quotidiana boschi, campi, prati e pascoli. Ogni terreno, ogni appezzamento aveva un proprio nome. Con la scomparsa delle vecchie generazioni sarebbe scomparso un patrimonio culturale immenso, mai scritto e codificato. De Simoni capì l’urgenza di acquisire dati e si fece promotore, dal 1966, nell’ambito della Società storica valtellinese, dell’Inventario  dei toponimi valtellinesi e valchiavennaschi. Il tema è oggetto di una successiva relazione.

Giovanni De Simoni, nato a Milano il 5 luglio 1913, è scomparso il 23 marzo 1988. Ma la sua opera appassionata per la salvaguardia della cultura delle vallate alpine non è stata dimenticata.

[Piero Carlesi]

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