giovedì 24 dicembre 2015

Rifugio Quintino Sella - M. Rosa


Da bambino mi affascinavano tanto le soffitte: luoghi misteriosi, di difficile accesso, ricche spesso di oggetti del passato o dimenticati. Ricordo ancora adesso le avventure che l'immaginazione mi permetteva di vivere nella soffitta di mio nonno. Per me era come addentrarsi in un sito archeologico inesplorato, un giovanissimo Indiana Jones alle prese con una sensazionale scoperta ed allora la polvere, le ragnatele e la semioscurità facevano da cornice alle mie avventure: i vecchi mobili costituivano il labirinto del tempio maledetto...i teli che coprivano le poltrone diventavano i fantasmi da cui fuggire...i libri ingialliti erano i tomi da cui carpire la posizione dei passaggi segreti, degli enigmi e delle trappole...coppe, specchietti e candelabri ossidati dal tempo assumevano il ruolo di talismani e reliquie dotate di poteri magici e misteriosi...bauli e valigie si trasformavano nei forzieri colmi di tesori dei pirati.

Oggi le soffitte hanno perso quel fascino che solo la mia fantasia di bambino era in grado di fornire loro, tuttavia quando mi capita di vedere una botola d'accesso alle soffitte o una scala che conduce ad un vecchio sottotetto provo un forte impulso, un'emozione che si avverte all'interno dello stomaco e che si manifesta con una sensazione di vuoto, un mancamento. Un'amputazione.
La gioia e la spensieratezza di un breve capitolo della vita sono lì, al di là di quella botola, oltre quella scala. È una necessità, il bisogno di un ritorno, spesso avvertito come un senso di nostalgia ma a volte è qualcosa di più, che si percepisce come un'incompiutezza e nello stesso tempo un desiderio di colmare quel frustrante stato di assenza. L'irrefrenabile voglia di sperimentare ancora quella meraviglia e di tornare a sognare di poter ricreare quelle magiche atmosfere dentro il nostro cuore, spesso ignorando inconsciamente la consapevolezza che non riusciremo a vedere con gli stessi occhi di allora ciò che ci circonda.

È esattamente questa la sensazione che ho provato giunto a 3585 m di altezza al Rifugio Quintino Sella sul Monte Rosa alla base del ghiacciaio del Felik.
Le nuvole dense e grigie erano la botola dietro la quale si snodava la normale al Castore (3920 m) e le altre cime del Massiccio del Rosa, con percorsi e traversate che richiedono attrezzature adeguate e preparazione a percorsi a quote superiori ai 3000 m.
È questa botola, immaginaria eppure così evidente per me, che mi impedisce di soffermarmi solo a descrivere il percorso effettuato, un percorso affascinante con meravigliosi passaggi e panorami mozzafiato.

Partiti da St. Jacques raggiungiamo il Colle Bettaforca a quota 2672 m a bordo di un taxi fuoristrada, riducendo così i tempi di cammino da 6 a 4 ore. Un mare di nuvole basse copre le vallate sottostanti e lascia affiorare solo le cime più elevate.
Dal Bettaforca si individua facilmente il sentiero N°9, indicato dai segnavia gialli sulle rocce, che sale in direzione della Punta Bettolina, costeggiando alcuni piccoli specchi d'acqua posti più in basso a quota 2742 m.
Si oltrepassa la Punta Bettolina per raggiungere il Passo della Bettolina Inferiore (2905 m) dove si incrocia a destra il sentiero N°1 che parte da Madonna delle Nevi a Grenne (1872 m) e si prosegue ancora lungo un'ampia cresta fino al Passo della Bettolina Superiore (3100 m) dove si incrocia, questa volta a sinistra, il sentiero N°8 che dopo un primo tratto molto impegnativo raggiunge Plan de Veraz dessus e scende costeggiando il Torrent de Vèraz fino a Blanchard non lontano dal centro abitato di Saint-Jacques.

Superato il Passo della Bettolina Superiore il sentiero si fa gradualmente più impegnativo, la cresta si fa più stretta e le pareti laterali più scoscese fino a limitare il passaggio agevole a una persona per volta: una corda fissa, pioli metallici nella roccia ed alcune catene accompagnano lungo questo ultimo tratto di percorso fino al rifugio. Una spaccatura in un tratto di cresta più largo è stato dotato di una passerella in legno con corrimano da entrambi i lati. Oltre questo piccolo ponte, il percorso prosegue con brevissimi strappi in pendenza sui roccioni, aggirando talvolta i passaggi troppo stretti, fino al pianoro innevato dove si staglia il profilo del Rifugio Quintino Sella a quota 3585 m. Il panorama è velato di nuvole ma si possono distinguere chiaramente le cime del Cervino del Monte Bianco e di molte altre cime circostanti.
Il Rifugio è chiuso ma il locale invernale ampio ed accogliente fa al caso nostro: ci sono tavoli, panche e coperte sufficienti per tutti, consumiamo il nostro pasto, poi uscendo mi soffermo ad osservare il ghiacciaio del Felik che sparisce tra le nubi verso nord in direzione di Punta Perazzi. Quella nube mi impedisce di concentrarmi unicamente sulle emozioni provate durante la salita: è stata una escursione meravigliosa, ma l'impossibilità di dare sfogo al desiderio di andare avanti...avevo nella mente l'immagine di me bambino sulla cima della scala, uno spiraglio della botola aperto, sufficiente a gettare uno sguardo alla soffitta, dall'altra parte le montagne oltre le nuvole mandano un vero e proprio richiamo, silenzioso ma udibile. Difficile non percepirlo.
Ma non c'è tempo. Devo scendere, e la botola si richiude.

Giunge rapidamente (fin troppo rapidamente) il momento di fare ritorno. Qualche foto  davanti al rifugio e poi ritorno silenzioso sul sentiero, mentre microscopici fiocchi di neve cadono davanti ai nostri occhi, ripensando a ciò che non ho visto ma che mi fa morire dalla voglia di tornare ancora a ripercorrere questo sentiero.


Ringrazio Davide, Ilaria, Marco, Mattia S., Mattia Z. e Riccardo per la camminata insieme su questo magnifico tracciato.

Rifugio Quintino Sella
Altitudine: 3.585 m
Gestore: C.A.I. Biella
Tel. 0125/366.113
Posizione: Ghiacciaio del Felik
Località: Valle di Gressoney - Gressoney
Apertura: fine Giugno - metà Settembre
Posti letto: 140
Locale invernale: sì
Posti letto loc. inver.: 30
Note: coperte, stoviglie, gas, acqua di fusione, telefono di emergenza



 

 

 

 


1 commento:

  1. L'emozione che quel ricordo suscita in me è grande e aver partecipato a quella scalata è stato tanto gratificante quanto significativo. Rileggendo il paragone con la soffitta non posso far altro che condividere il pensiero e, forse, è anche questo il motivo che ha reso quel momento indimenticabile.
    Fiero di essere stato tuo compagno di scalata spero di ripetere presto quest'esperienza magari scoprendo insieme un nuovo tesoro in mezzo alla neve...e magari con la stessa compagnia.

    Gris

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